Tracce per una lettura, di Emanuela Uccello

Tracce per una lettura


E’ del nostro tempo una vera rivoluzione del visuale, una trasformazione percettiva che porta ad avere riferimenti altri, a vedere incredibilmente allargato – e quindi aperto – il mondo delle immagini, dei segni visivi. L’occhio corre veloce, sollecitato continuamente dai media tecnici che vivono di immagini proposte a velocità impensabili o, all’opposto, a lentezze impossibili.

La fotografia nasce quale strumento narrativo, le immagini fermate in un obiettivo a impressionare la pellicola racchiudono e presentano storicamente un momento, un’epoca, un gusto: é naturale allora che oggi essa si trasformi, si reinventi forte dello scoprirsi linguaggio del quale tutti conoscono il codice più immediato. Stefano Tubaro è un narratore contemporaneo. Non certo un reporter ma un artista che opera con la fotografia: le sue immagini non sono riproduzioni del reale, i suoi paesaggi urbani, inquietantemente “normali”, non sono mimetiche trasposizioni di scorci (e attimi) di un mondo attorno sempre verificabile: sono al contrario soggettivazioni che hanno nei ricercati equilibri formali, nell’uso sapiente e significante della luce che va a costruire un sempre magico bianco e nero – quasi che la saturazione visiva ci avesse così riempito di colore da sentire come necessaria la sua fisica assenza -, nei percorsi mentali, in quella ricerca artistica che li supporta, gli srumenti del proprio dire. Estremizzando una via di comunicazione visiva che inizia nei primi Anni Ottanta, Tubaro giunge a definire una propria estetica in cui le teorie non vengono abbracciate cerebralmente ma si palesano in un percorso creativo coerente in cui non è certo il dovuto ai puristi della fotogafia a bloccarlo. Tubaro non ha paura di essere troppo concettuale, troppo minimalista, poco fotografo, vuole solo raccontare del proprio sentire, e riesce a rapire negli apparenti immediati Riflessi, curiosi trovati assemblage. Intrigante, per l’alone di mistero che la parte racchiude rispetto al tutto, l’uso del dettaglio nella serie di lavori più recenti: l’immagine si scompone e si ricrea nelle moderne tavole, icone di un presente personale e collettivo ad un tempo, in cui una dovuta ironia allontana inopportune sacralità dei temi.

C’é sempre l’uomo al centro del mondo di Stefano Tubaro: ecco allora i Ritrattati, quei piani americani di protagonisti resi anonimi ma anche indagati interiormente da quello schermo riflettente, virtuale e reale ad un tempo, posto tra noi e gli altri. Cento dettagli tutti uguali e diversi negli ultimi Siti dove esplode il colore a scuotere la nostra indifferenza visiva e ad invitare a fermarsi ad osservare ciò che apparentemente è banale ma diviene segno. Se è vero che, come é stato teorizzato, il futuro dell’arte sta nella sua riproducibilità, la fotografia rappresenta per la sua meccanica serialità uno dei medium privilegiati: e il fare artistico di Stefano Tubaro, ricco di contaminazioni linguistiche, si muove verso l’imminente domani e le sue continue, repentine trasformazioni.

Emanuela Uccello

(testo di presentazione nel catalogo della mostra “Tre punti di vista”, Galleria Saggitaria, Pordenone,


 1997)